::: ANZIANI MODERNI™ :::

Persone, Incontri speciali, virtuali o reali che siano

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giuliana54
view post Posted on 26/3/2009, 08:56




Si, Roberto siamo con te!!
 
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Alaperta
view post Posted on 27/4/2009, 16:10




Rita Levi Montalcini - Che tempo che fa - 26/04/2009

 
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tinal2
view post Posted on 27/4/2009, 20:55




Vista e sentita ieri sera, Aluccia...semplicemete favolosa. :wub:
 
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giuliana54
view post Posted on 29/4/2009, 08:15




:throb.gif: :throb.gif: :throb.gif: unica..!
 
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Alaperta
view post Posted on 31/5/2009, 14:00




Irène Némirovsky: la forza delle parole di Cinzia Bellandi



Irène Némirovsky è nata a Kiev nel 1903 ed è morta ad Auschwitz nel 1942.

Ah.

Pausa.

I primi suoi scritti sono stati pubblicati in Francia alla fine degli anni venti del novecento, dove la famiglia - ricchi banchieri ebrei ucraini - si era rifugiata per sfuggire alla Rivoluzione d’ottobre. Tutto il resto è stato pubblicato postumo, anzi, più che postumo: è stato pubblicato ora, letteralmente.

Ah.

Pausa. C’è di che riflettere.

Probabilmente sono tanti i libri bellissimi che non sono mai stati pubblicati. Ma perdere, non aver avuto l’occasione di leggere la Némirovsky, sarebbe stato un fatto gravissimo.

Esagero? Voglio esagerare.

Perché questa giovane donna ha saputo trarre dalla sua esperienza di vita, nemmeno tanto lunga, e riportare sulla pagina, ritratti umani memorabili. Ha avuto occhi per la sua famiglia e per il dorato mondo che la circondava e ha guardato tutto ciò, il che significa che non si è limitata a viverci dentro, ma ha scannerizzato, riassunto, metabolizzato e archiviato nella sua testolina un mucchio enorme di dati che poi ha ripescato e riassemblato per dare vita ai suoi personaggi.

Nascono così gli spietati protagonisti de Il Ballo (tutta una famiglia di esseri taglienti come coltelli che vogliono solo mettersi al centro di una attenzione, pubblica o privata), il David Golder (tutta una famiglia di esseri crudeli, ma ben vestiti, pronti a tutto pur di rimanere al centro della attenzione pubblica o privata). Tutti stritolati dai perfetti meccanismi della Némirovsky, che non fa sconti a nessuno, mai, nemmeno a quelli che paiono vittime.

Ho letto che scriveva le sue cose su dei quaderni, usando per i testi veri e propri una facciata, mentre su quella accanto annotava le descrizioni fisiche e morali dei personaggi, corredate di un’infinita quantità di dettagli, in modo tale che ognuno di loro avesse sulla carta una vita intera di cui lei poi usava solo le parti che le servivano per il racconto. Praticamente scriveva circondata da tutti questi esseri che, all’occorrenza, le raccontavano gli eventi della propria esistenza o la soccorrevano con un particolare dimenticato. Quando si passa del tempo – tanto tempo – a creare dal niente delle vite, quelli che ti circondano non sono più personaggi, ma persone.

Questa donna aveva un mare di amici immaginari e ce li ha regalati.

Un dono grandissimo e generoso per chi non sa guardare intorno a sé.

Oltretutto - e il miracolo è ancora più sorprendente – lei non si spreca in fiumi di parole, ma riesce a dire in un linguaggio essenziale tutto ciò che c’è da dire, senza mai lasciare il benché minimo dubbio su quello che voleva dire. Quando si hanno tanti amici che ci tirano per la manica è facile farsi prendere la mano e la penna. A volte si crea un po’ di confusione e il lettore si ritrova a fare la fatica di interpretare, sbrogliare ciò che lo scrittore ha raccontato. Gestire i personaggi con assoluta sobrietà è dei grandi scrittori e la Némirovsky è fra questi.

Esempio eclatante di questa capacità è Suite francese, caso editoriale quando è stato pubblicato in Francia nel 200….

La Némirovsky aveva concepito questo romanzo corale sulla guerra in Francia come una suite musicale in cinque movimenti. Fece in tempo a scriverne due. Attraverso i suoi occhi grandangolari si assiste all’arrivo dei tedeschi a Parigi, alle reazioni della varia umanità appartenente alle varie classi sociali, e allo sfollamento degli stessi verso la provincia, con squarci di vita campagnola e di amori trasversali alle classi sociali e anche – udite! – fra una buona francese e un cattivo tedesco. Racconta episodi terribili di egoismo, morte, dolore, amore (più spesso di quanto si pensi l’aggettivo terribile si addice all’amore) con il suo linguaggio scarno e non si può non crederle. Tutto quello che lei racconta è vero. Indiscutibilmente.

Se Némirovsky avesse potuto finire il suo spartito, forse avremmo potuto volgere lo sguardo a trecentosessanta gradi sulle vicende di questo gruppo eterogeneo, ma esemplare per trovare che alla fine tutto si può leggere in diversi modi e che i buoni e i cattivi tendono a cambiarsi di posto, a confondersi.

Ma Némirovsky è stata internata ed è morta in un campo di concentramento poco prima che la guerra finisse. Chi furono i buoni? Chi furono i cattivi?

Eppure nei due movimenti della sua Suite, si sente già come andrà a finire questa guerra, perché raccontando quello che per l’autrice era presente o al massimo passato prossimo, lei riesce a farci intuire la catastrofe finale, intessendo le varie storie di una specie di orrore sempre in agguato, di quel buio da cui lei stessa sarebbe stata risucchiata. Eppure non c’è paura, mai. C’è solo uno schiacciante senso di necessità, che impronta di sé l’agire di ogni personaggio, così come il crescere degli alberi e il fiorire delle rose.

Némirovsky ha scritto fino all’ultimo giorno prima della deportazione, sforzandosi di mantenere intatta la sua dignità, cercando di passare inosservata fra le maglie della Necessità che muove il mondo, fino a che non è stata raggiunta e travolta. E siccome non fa notizia chi non si agita, né da vivo, né da morto (tale la madre, tali le figlie) a Némirovsky si è addetto per lungo tempo il silenzio elegante di una vecchia valigia.

Ma io sono contenta che quella valigia sia stata aperta e che sia la misura del suo raccontare, la forza delle sue parole nette a testimoniare, oltre al suo enorme talento di scrittrice, la sua limpida visione del mondo, la sua capacità di analisi dei sentimenti umani, la sua intelligenza.


Per saperne di più clicca >qui<
 
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mou
view post Posted on 27/6/2009, 12:31






Arcangelo Cosimo De Giorgi
(Lizzanello, 9 febbraio 1842 – Lecce, 2 dicembre 1922)


Cosimo De Giorgi è stato uno scienziato italiano. Conseguì la laurea in medicina a Pisa ma, nel corso della sua vita affiancò alla professione di medico, quella di insegnante e si dedicò ad una intensa attività di ricerca e di studio che abbracciò campi vastissimi: paleontologia, paletnologia, archeologia, geografia, idrografia, meteorologia, geologia, sismologia, agricoltura, igiene.
A lui si deve la fondazione, nel 1872, dell’Osservatorio Meteorologico di Lecce, di cui era direttore, le cui osservazioni iniziarono il 1º dicembre 1874. La raccolta dati proseguì ininterrotta fino alla sua morte.
Dal web

Il primo congresso italiano, sullo studio dei terremoti si riunì all'Aquila perchè la città presentava caratteristiche sismiche molto intense. In quella occasione, parlò dei due terremoti disastrosi (1462 e 1703) che avvennero in quelle terre dicendo: "Si potrebbe dire che il suolo qui è in continuo movimento quasi continuo; ora debole al punto da sembrare una calma assoluta... ora dolcissimo come la fresca brezza della sera... Di tratto in tratto l'intestino dèmone si ridesta, scuote anche i sismografi, le oscillazioni divengon rapide e forti. Solo talvolta, ma con l'intervanno di più secoli, produce delle convulsioni telluriche spaventose." E rivolto agli abitanti dell’Aquila: “Nei giorni di ballo sismico, che io torno ad augurarvi molto lontani, voi forse ricorderete che un modesto e tranquillo convegno di studiosi tentò di additarvi le norme per menomare gli effetti del terribile flagello… Aquila registrerà nei suoi fasti di aver dato il battesimo al primo codice edilizio formulato dalla scienza in vantaggio della umanità.”
Nella sua biografia, scrisse: “Compilammo un codice edilizio per gli architetti nei luoghi più soggetti a terremoti rovinosi.” Ma… “restarono sempre lettera morta. Ebbero sanzione ufficiale solo nel 1908 , dopo il terremoto di Messina e Reggio Calabria.”

Liberamente tratto da un articolo di Livio Ruggiero
 
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sticla
view post Posted on 27/6/2009, 14:49




Grazie Ala per aver ricordato una scrittrice che amo molto, ho letto tutto quello che è stato pubblicato e ringrazio l'Adelphi sempre pronta a ritrovare bellissimi scritti (vedi anche i tanti Simenon editi di recente).Considero "Suite francese" uno dei più bei libri degli ultimi anni, consiglio di leggerlo a chi ama emozioni e sentimentiveri.
 
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Alaperta
view post Posted on 30/7/2009, 13:29




imageCostruire con le mani e con il cuore
Lo chiamano “el suizo” o “el puentero”. Lo svizzero. Il costruttore di ponti. Perché della sua professione non ha fatto solo un lavoro ma una vera e propria missione. Toni Ruttiman, ingegnere civile di origine svizzera, ha deciso di “rendere più facile la vita di chi ce l’ha difficile”. Gira il mondo per costruire ponti pedonali in zone disagiate. Per superare un fiume, per collegare un paese alla civiltà o per riunire una strada distrutta da un nubifragio. Ecuador, Cambogia, Vietnam, America Centrale. Il suo è un impegno senza confini, che ha raccontato durante la conferenza “Ingegno consapevole”, che si è tenuta presso il Politecnico di Milano.

“L’idea è molto semplice dice Toni. Cercare ciò che gli altri non usano più: cavi delle funivie scartati, tubi di seconda scelta, assi di legno tagliate male. Questi materiali ci vengono donati da grandi aziende, che ci aiutano spesso anche nel trasporto via terra, mare e perfino cielo. Perché la nostra attività si svolge soprattutto nei paesi più disagiati, dove le catastrofi naturali o le guerre hanno reso difficile la vita normale”.

Sono 360 i ponti che Toni ha costruito finora (modello KISS, come piace dire a lui: Keep It Simple Safe). Non da solo, ma con l’aiuto delle persone del posto. Donne e bambini compresi. “Perché senza le persone giuste non potremmo arrivare da nessuna parte”. D’altronde è per le persone che queste strutture sono fatte. Basti pensare al ponte costruito tra Salvador e Honduras, usato per i matrimoni nonostante le conflittualità della guerra.

“La testimonianza di Toni, ha commentato il Presidente di Humanitas Gianfelice Rocca, tra i promotori dell’incontro al Politecnico - ci insegna che il lavoro non è solo tecnica. Il primo ponte da costruire è quello tra cuore e cervello. Bisogna prendere il proprio destino in mano e cominciare a usare le tecnologie e la ricerca per risolvere problemi semplici. La creatività dell’ingegno deve partire da un’attenta analisi dei bisogni. E’ così che anche Humanitas è nata: rispondendo ai bisogni di salute dei cittadini”.

Di Laura Capardoni
 
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mou
view post Posted on 30/7/2009, 21:25




Vedi che gente c'è a 'sto mondo? E i giornali sbattono in prima pagina il pattume...
Mercie Ala, :throb.gif: queste notizie riconciliano.
 
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giuliana54
view post Posted on 31/7/2009, 07:46




Ala, Mou che brave che siete!!Bellissimi ed interessanti articoli!! :thumbup.gif: :thumbup.gif:
 
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Alaperta
view post Posted on 15/8/2009, 00:10




Che persone e che popolo ...

 
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giuliana54
view post Posted on 15/8/2009, 10:30




Arcangela, è vero!
Bel Video! :throb.gif:
 
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mou
view post Posted on 18/8/2009, 21:58






Grazie Fernanda Pivano
 
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sticla
view post Posted on 19/8/2009, 13:08




Cara Mou, mi hai preceduta...mi unisco a te nel ringraziare "nanda" che ci ha aperto un orizzonte incredibile di scoperte letterarie e ci ha insegnato ad amare gli scrittori e i poeti americani.
 
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72 replies since 3/8/2008, 12:38   1243 views
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