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Angolo dei fiori, Solare35 ci parla dei fiori

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Solare35
view post Posted on 24/10/2008, 17:15




Non tracuriamo le nostre LEGGENDE e RACCONTI, anche fuori stagione

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Giugno : il solstizio d'estate e le erbe di san Giovanni.



Al solstizio d'estate, quando il sole raggiunge la sua massima inclinazione positiva rispetto all'equatore celeste, per poi riprendere il cammino inverso, comincia l'estate
Tale giorno era considerato sacro nelle tradizioni precristiane ed ancora oggi viene celebrato dalla religiosità popolare con una festa che cade qualche giorno dopo il solstizio, il 24 giugno, quando nel calendario liturgico della Chiesa latina si ricorda la natività di San Giovanni Battista.
E nella festa di San Giovanni convergono i riti indoeuropei e celtici esaltanti i poteri della luce e del fuoco, delle acque e della terra feconda di erbe, di messi e di fiori.
Tali riti antichi permangono, differenziandosi in varie forme, nell'arco di duemila anni, benché la Chiesa ostinatamente abbia tentato di sradicarli, o perlomeno di renderli meno incompatibili con la solennità e si esauriscono soltanto con la sistematica repressione dei governanti laici dell'Italia unita: nelle zone rurali si mantengono tuttavia i riti più semplici e naturali, propri della società contadina e pastorale.
Tutte le leggende si basano su di un evento che accade nel cielo : il 24 giugno il sole, che ha appena superato il punto del solstizio, comincia a decrescere, sia pure impercettibilmente, sull'orizzonte : insomma, noi crediamo che cominci l'estate, ma in realtà, da quel momento in poi, il sole comincia a calare, per dissolversi, al fine della sua corsa verso il basso, nelle brume invernali. Sarà all'altro solstizio, quello invernale, che in realtà l'inverno, raggiunta la più lunga delle sue notti, comincerà a decrescere, per lasciar posto all'estate.
E' così che avviene, da millenni, la corsa delle stagioni.
Nella notte della vigilia di San Giovanni, la notte più breve dell'anno, in tutte le campagne del Nord Europa l'attesa del sorgere del sole era (è ?) propiziata dai falò accesi sulle colline e sui monti, poiché da sempre, con il fuoco, si mettono in fuga le tenebre con le tenebre e con esse gli spiriti maligni, le streghe e i demoni vaganti nel cielo. Attorno ai fuochi si danzava e si cantava, e nella notte magica avvenivano prodigi : le acque trovavano voci e parole cristalline, le fiamme disegnavano nell'aria scura promesse d'amore e di fortuna, il Male si dissolveva sconfitto dalla stessa forza di cui subiva alla fine la condanna la feroce Erodiade, la regina maledetta che ebbe in dono il capo mozzo del Battista. Nella veglia, tra la notte e l'alba, i fiori bagnati di rugiada brillavano come segnali ; allo spuntar del sole si sceglievano e raccoglievano in mazzi per essere benedetti in chiesa dal sacerdote. Bagnarsi nella rugiada o lavarsene almeno gli occhi al ritorno della luce era per i fedeli cristiani un gesto di purificazione prima di partecipare ai riti in chiesa.
La rugiada ricordava il battesimo impartito dal Battista nel Giordano, le erbe dei prati e dei boschi riproponevano l'austera penitenza di Giovanni nel deserto prima della sua missione di precursore del Messia. Anche in Valsesia ritroviamo l'usanza dei falò, del lavacro con la rugiada e della benedizione in chiesa del mazzo di erbe e di fiori. Conservate gelosamente in casa, portate all'alpeggio in estate - verso il quale da molti paesi si partiva la stesso giorno del 24 di giugno - le erbe benedette riconsacravano la baita di montagna lasciata l'anno prima mantenendo tra le famiglie dei pastori un legame con la sacralità della festa e del rito d'inizio d'estate. Al ritorno dall'alpe, quelle stesse erbe essiccate, unite ad un ramo di olivo e ad uno di ginepro, venivano bruciate nella stalla a protezione degli animali. Non a caso, dunque, il precursore di Cristo, rappresentato con l'Agnello mistico e vestito da eremita, pastore del deserto, fu assunto dai pastori come patrono privilegiato fino dai primi secoli cristiani.
IL rito della benedizione dei "fiori di San Giovanni", erbe benefiche e medicine medievali per curare il corpo ed evitare il malocchio, per proteggere la casa e gli animali domestici era assai diffuso in Valsesia, fino a pochi decenni fa. Ma ancora adesso, a Rossa, piccolo paese della Val Sermenza, valle minore della Valsesia, il parroco di Boccioleto, Don Luigi, mi ha raccontato che i fedeli richiedono la preghiera "magica", quella che proteggerà dai mali i raccolti. E la richiederebbero anche ad Oro di Mezzo, frazione di Boccioleto, se non fosse che non ci sono più anime a popolare la piccola frazione. Tutti se ne sono andati, ormai. Rimangono le montagne, immobili, maestose, gravide di leggende di cui nessuno ricorda più la trama, e tanto meno il significato.
E rimane, l'antica, suggestiva preghiera che un anno dopo l'altro, un secolo dopo l'altro, ha convinto di aiuto e pietà generazioni di donne e ancora adesso, in questo mondo impazzito, in un piccolo paese nascosto tra le montagne, raccoglie le donne lì giunte in processione a chiedere aiuto e pietà ad un Dio di cui si prega l'ascolto :
"Dio onnipotente ed eterno, che hai santificato nell'utero di tua madre il beato Giovanni Battista, e nel deserto hai voluto nutrirlo di erbe, di radici e di locuste silvestri, degnati di benedire questi rami, i fiori e le nuove biade, i frutti e le erbe che i popoli ......raccolgono, affinché .....siano una medicina per tutte le anime e per i corpi.
Dio, che in principio hai creato tutte le cose con la Tua onnipotenza e ad esse hai assegnato una forza, degnati di benedire questo insieme di erbe e di fiori, affinché tutti quelli che li portano con sé o li conservano nelle loro case, siano liberati da ogni inganno diabolico.
Dio onnipotente ed eterno, che ti sei degnato di nutrire nelle grotte del deserto il beato Giovanni Battista di locuste e di miele selvatico, degnati pure, Signore, di benedire e di santificare questi fiori oggi preparati in onore al Tuo nome, affinché a tutti quelli che li portano in mano o li conservano nelle loro abitazioni, siano di protezione per i corpi e per le loro anime e di medicina per tutte le malattie.
Dio onnipotente ed eterno, creatore di tutte le cose per l'utilità del genere umano degnati di benedire e di santificare queste creature di erbe e di fiori, affinché tutti quelli che da esse ne abbiano presi alcuni e li abbiano portati con sé ricevano la guarigione tanto del corpo come dell'anima, e affinché per propria forza, e in onore di Tuo Figlio e Nostro Signore e in onore del beato Giovanni Battista siano nuovamente beati e santificati e abbiano potere contro le tenebre, le nubi e le malignità delle tempeste e contro le incursioni dei demoni ....."
Ed ancora le donne si recano in processione, recando con loro i fiori da benedire.
I fiori di San Giovanni, dunque : l'artemisia, l'arnica ; le bacche rosso fuoco del ribes ; la verbena, della quale è credenza diffusa che, colta a mezzanotte della vigilia di San Giovanni, costituisca un'infallibile protezione contro i fulmini, ed è conosciuta in Bretagna come "erba della croce", perché si ritiene che protegga chi la porta con sé da qualsiasi male ed anche come "erba della doppia vista" perché il berne un infuso facilita la visione di realtà altrimenti nascoste.
E l'erica, la pianticella sottile.
L'erica è un fiore delle nevi e dei terreni poveri ed ostili. Infatti, il suo nome deriva dal verbo greco "ereiko", spezzo, rompo, proprio perché l'erica è più forte della dura crosta di terra invernale o della neve che la ricopre, tant'è che la buca senza fatica, emergendo all'aria aperta.
I fiori dell'erica, che vanno dal bianco alle varie tonalità di rosa, assomigliano, rovesciati, ai copricapi degli elfi.
Della stessa famiglia dell'erica è un'altra pianticella, detta brugo (cognome assai diffuso nei paesi ai piedi delle nostre montagne, e davvero molto a Romagnano Sesia), da brucus, termine tardolatino di origine celtica, da cui deriva il termine brughiera, poiché in questa terra povera e arida la pianticella riesce a vivere meglio di altre, coprendo immense distese.
L'erica, dal nome più romantico, era tenuta in grande considerazione fin dall'antichità, tanto da essere utilizzata per costruire le scope che sarebbero servite a pulire i templi degli Dei, e successivamente, in tempi più severi, il forno dove cuocere il pane.
L'utilizzo dell'erica per costruire scope era così diffuso che, in alcune regioni, l'erica stessa viene chiamata scopa e ancora oggi, alcune località soprattutto della Toscana, dove l'erica ricopre a distesa campi e colline, vengono chiamate Scopeto, Poggio delle Scope, Pian di Sco'. Stessa origine dovrebbero avere i paesi di Scopa e Scopello, della nostra Valsesia.
Le leggende associano spesso l'erica alle Entità Fatate, facendole dimorare fra i suoi rami e sconsigliando di
sdraiarsi a dormire fra queste piantine, per non correre il rischio di essere rapiti dal mondo delle fate. Di contro, era possibile accedere ai segreti dell'Aldilà, semplicemente dormendo su un letto di erica, che è anche spesso giaciglio degli amanti in numerose leggende.
E l'erica è posta a guardia del solstizio d'estate, periodo nel quale raggiunge la fioritura più completa. Usanza derivante probabilmente dal mondo celtico, dove l'erica è collegata sia all'Aldilà sia all'amore : le api, simbolo di saggezza segreta che proviene dall'Altromondo, sono particolarmente ghiotte dei fiori di questa piantina e producono così un miele squisito, da sempre legato a riti e significati di immortalità e di rinascita.
E ancora, tipico della notte di San Giovanni, il raro, misterioso fiore della felce che cresce nella notte magica, e si dice fiorisca a mezzanotte.
La storia relativa ai fiori magici è interessante, ed è frutto di credenze molto diffuse. In Boemia, ad esempio, si crede che il fiore della felce risplenda come l'oro, o come il fuoco, nella notte di San Giovanni : chiunque lo possieda in questa magica notte, e salga una montagna tenendolo in mano, scoprirà una vena d'oro, e vedrà brillare di fiamma azzurra i tesori della terra.
In Russia, i contadini raccontano che chi riesce ad impadronirsi del meraviglioso fiore nella vigilia di San Giovanni, se lo getta in aria, lo vedrà ricadere per terra nel punto preciso dove è nascosto un tesoro. Pare che questo fiore fiorisca improvvisamente, talvolta, a mezzanotte precisa della magica notte del solstizio d'estate ; e, sempre in Russia si racconta che chi abbia la fortuna di cogliere l'istante di quella fioritura improvvisa, potrà nello stesso tempo assistere a tanti altri spettacoli meravigliosi : gli sarebbero apparsi tre soli, e una luce avrebbe illuminato a giorno la foresta, e avrebbe udito un coro di risa, ed una voce femminile chiamarlo. IL fortunato a cui accade tutto questo non deve spaventarsi : se riesce a conservare la calma, raggiungerà la conoscenza di tutto ciò che sta succedendo o succederà nel mondo. Anche se resta da vedere se quest'ultima sia una buona magia.
Ma anche il seme della felce, che si vuole risplenda come oro nella notte di San Giovanni, non diversamente che dal magico fiore, farebbe scoprire i tesori nascosti nella terra : i contadini del Tirolo credono che alla vigilia di San Giovanni si possano veder brillare come fiamme i tesori nascosti e che il seme della felce raccolto in questa mistica notte possa portare alla superficie l'oro celato nelle viscere della terra. Nel cantone svizzero di Friburgo, il popolo usava un tempo vegliare vicino ad una felce la notte di San Giovanni, nella speranza di guadagnare il tesoro che qualche volta il diavolo in persona portava loro.
Un altro fiore, questo facilmente rintracciabile e che appare d'oro anche ad occhio nudo, è legato nella memoria popolare al solstizio d'estate. La densità della sua fioritura è tale da risaltare sulle grandi distese, come una gran macchia di colore giallo oro misto a rame ; i fiori infatti, così numerosi e brillanti, durano poco, un giorno soltanto, e subito appassiscono e assumono un colore rosso ruggine. Si tratta dell'iperico, un fiore dei campi che è detto erba di San Giovanni, perché anticamente chi si trovava per strada la notte della vigilia, quando le streghe si recavano a frotte verso il luogo del convegno annuale, se ne proteggeva infilandoselo sotto la camicia insieme con altre erbe, dall'aglio, all'artemisia, alla ruta. IL suo stretto legame col Battista sarebbe testimoniato dai petali che, strofinati tra le dita, le macchiano di rosso perché contengono un succo detto per il suo colore "sangue di San Giovanni". E' davvero difficile risalire alla motivazione di questo accostamento - perché il Battista e non un altro martire ? - se non forse il fatto che l'iperico è un fiore che si accontenta di poco, per sopravvivere, e vive anche nei climi desertici, come fece un tempo Giovanni il Battista.
Nelle leggende si parla anche di un 'erba piccolissima e sconosciuta, detta Erba dello Smarrimento. Si dice che essa venisse seminata dalle Fate e dai Folletti nei luoghi da loro frequentati e, calpestata, avrebbe allontanato dalla retta via il malcapitato. A questa leggenda si intreccia quella, di origine tedesca ma alquanto diffusa nel biellese, che, se taluno passa vicino alla magica fioritura della felce, nella notte di San Giovanni, senza raccogliere il seme che la pianta lascia cadere, sarà condannato a smarrirsi per via, anche se percorre strade a lui note.
Altrettanto conosciuta era l'Erba Lucente, che consentiva, se portata sul corpo, di vedere la verità delle cose senza mascheramenti o inganni. Poiché quest'erba era invisibile agli uomini, ma non ai bovini domestici, la si poteva raccogliere solo seguendo un vitello al suo primo pascolo, oppure le mandrie, nella notte di San Giovanni. Si raccontava infatti che in quelle occasioni i bovini mangiassero solo quell'erba, dando così la possibilità a chi proprio lo desiderava di individuarla. Le vecchie storie non tramandano cosa accadesse agli incauti che ci riuscivano, cui da allora, conoscendo ogni verità, era negata la possibilità dell'illusione.
Anche in Valsesia, come abbiamo già detto, ritroviamo l'usanza dei falò, del lavacro con la rugiada e della benedizione in chiesa del mazzo di erbe e di fiori. Conservate gelosamente in casa, portate all'alpeggio in estate - verso il quale da molti paesi si partiva la stesso giorno del 24 di giugno - le erbe benedette riconsacravano la baita di montagna lasciata l'anno prima mantenendo tra le famiglie dei pastori un legame con la sacralità della festa e del rito d'inizio d'estate. Al ritorno dall'alpe, quelle stesse erbe essiccate, unite ad un ramo di olivo e ad uno di ginepro, venivano bruciate nella stalla a protezione degli animali. Non a caso, dunque, il precursore di Cristo, rappresentato con l'Agnello mistico e vestito da eremita, pastore del deserto, fu assunto dai pastori come patrono privilegiato fino dai primi secoli cristiani.

by Rossana

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Solare35
view post Posted on 28/10/2008, 17:34




(contina) ROSE ANTICHE 1

ROSE ALBA


Sono molto antiche, e spesso si ritrovano in raffigurazioni di epoca medioevale. I fiori sono bianchi o rosa chiaro, deliziosamente profumati ; le foglie hanno una particolare e inconfondibile tonalita' verde-azzurra. Una varieta' a fiori semidoppi, "rosa Alba Semiplena" fu il simbolo della casata di York nella famosa Guerra delle Due Rose.

Le piu' famose

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Rosa Alba Maxima / Celestial

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Konigin von Danemark

ROSE CENTIFOLIA

Sono le rose languide e opulente raffigurate dai pittori fiamminghi nel XVII secolo. Talvolta i fiori sono così pesanti per il gran numero di petali da reclinarsi leggermente sui piccioli.

Le piu' famose

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Fantin Latour / Chapeau de Napoleon

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The Bishop

(continua)

 
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Solare35
view post Posted on 29/10/2008, 22:13




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Agosto: il fiore di loto, dove abitano le fate delle acque.

In un tempo lontano ormai più di diecimila, ventimila anni, alla foce del grande fiume che già da allora attraversava la pianura padana, dai monti fino al mare, il fiume grande e placido che gli antichi chiamavano Eridano, e i più recenti abitanti della pianura Po, alla foce del gran fiume dunque c'era una immensa palude, così grande che arrivava ad occupare gran parte di quella che adesso è diventata pianura.
La palude era grande e bellissima, come tutto era bello nel mattino del mondo. L'acqua era chiara, di un indescrivibile colore verde-azzurro, là dove spuntavano le leggere canne sottili dei giunchi a migliaia, docili al vento come enormi ventagli mormoranti di dee sontuosamente abbigliate. Più scura era invece l'acqua, là dove affioravano i grandi fiori di loto, gli enormi petali bianco-rosati posati sull'acqua placida che immobile rifletteva il verde delle canne e l'oro del sole.
Si diceva che i fiori di loto proteggessero i regni delle fate delle acque, che si nascondevano proprio sotto le grandi corolle, ma a nessun essere vivente era dato vederli, e comunque nessuno che si credeva li avesse visitati era mai tornato per raccontarne.
Perché i regni delle fate possono svelarsi dovunque, all'improvviso, luminosi di promesse di gioia, e sparire altrettanto improvvisamente, lasciando un vuoto buio di incolmabile rimpianto. Si può morire di nostalgia, struggendosi per il desiderio di quel mondo perduto. Si può impiegare il resto della vita nella ricerca vana di qualcosa che forse non esiste, immaginata sempre un filo al di là dell'orizzonte, sempre un pelo sotto la limpida acqua di un lago, alla fine delle dune che si inseguono in un deserto, appena dopo la svolta di un sentiero nella foresta, quando già sembra di sentire le risate argentine degli esseri fatati confuse col canto degli uccelli.
Si, può essere davvero pericoloso, per la quiete della propria anima, anche solo intravedere il mondo delle fate.
Gli uomini che vivevano nei villaggi sparsi ai limiti della grande palude sapevano tutto questo, al modo che un tempo gli uomini sapevano le cose, essendo tra loro in sintonia tutti gli esseri del creato; affrontavano quindi la grande palude con prudenza e rispetto, e ne avevano un poco timore, pur ammirandone la variegata bellezza e pur traendo da essa il proprio sostentamento; si cibavano infatti dei pesci della palude, e ne cacciavano le molte specie di uccelli: anatre e folaghe durante l'autunno, ed aironi, e gallinelle d'acqua: con le canne e coi giunchi, poi, costruivano le loro abitazioni e le barche con le quali scivolavano sull'acqua quieta, e con gli splendidi boccioli dei fiori di loto le loro donne si adornavano i capelli.
In uno di questi villaggi viveva una giovane vedova, con un bambino nato da poco, ed il fratello un poco più giovane di lei, fiero e indomabile come un guerriero barbaro, invece del povero pescatore che era. IL giovane amava andarsene per la palude, ed amava anche i rischi che questo comportava, più che temerli. Con la sua barchetta leggera scivolava tra i giunchi, tuffandosi proprio là dove erano più folti, perché aveva sentito raccontare dai vecchi che talvolta, nei ciuffi più folti, si apriva una porta che conduceva ai regni delle fate.
Infine, un giorno in cui il meriggio sembrava essersi allungato all'infinito, e la notte non sopravvenire mai, e al giovane gli occhi bruciavano talmente per il luccichio del sole che non riusciva più a distinguere la direzione che aveva preso, né riusciva a comprendere dove era finito, e il sudore colava lungo il suo corpo fino a trasformarlo in una statua di bronzo e il mondo intero sembrava tacere in attesa, e non si udivano versi di anitra dall'ombra dei canneti, né voli striduli di uccelli nel cielo, e tutto era verde, oro ed azzurro, e silenzio, perché nemmeno la barca faceva rumore mentre scivolava verso un gruppo più folto degli altri come se la direzione fosse decisa e inevitabile, il mondo delle fate si spalancò davanti agli occhi del ragazzo, all'improvviso. Egli comprese subito - sebbene non sapesse spiegarsene il perché - che il luogo dove si trovava era fatato, e si avvicinò al centro di quel luogo misterioso, dove, affioranti dalle acque e quasi sospesi sopra di esse, si trovava un forziere colmo di monete d'oro, ed accanto dormiva quieta, sdraiata su un comodo divano, una fanciulla, i lunghi, lisci capelli scintillanti come oro filato e le labbra piegate da un misterioso sorriso.
Le fate, accorse in gran numero lievi come farfalle, si raccolsero intorno al giovane con le lucide ali dorate scosse da un fremito leggero e lo invitarono con le ridenti voci argentine a scegliere uno dei due doni. IL forziere lo avrebbe ovviamente reso ricco, con la bellissima giovinetta avrebbe diviso una lunga vita felice di reciproco amore.
IL giovane esitò, ma solo per poco; pensò alla sorella, alla povera vita che lei viveva, al bimbo nato da poco e che già conosceva il dolore, al fatto che di belle donne il mondo era pieno e che, in fondo, all'amore lui non credeva...... Scelse dunque il forziere e lasciò senza rimpianti quel mondo incantato.
Da quel giorno, la vita della famigliola cambiò radicalmente, poiché le monete nel forziere sembravano non finire mai. Per ognuna che se ne toglieva, un'altra misteriosamente compariva al suo posto. La sorella era finalmente tranquilla e felice ed il suo bel bambino cresceva forte e sano. IL fratello però, a mano a mano che il tempo passava, si interessava sempre meno dell'accumularsi della ricchezza, perché il suo unico pensiero era l'immagine della bellissima fanciulla che non aveva svegliato.
La dolce ossessione non lo abbandonò più. Lui passava i suoi giorni scivolando sull'acqua con la sua barchetta, sempre alla ricerca della caverna fatata, sempre sperando che al prossimo ciuffo di giunchi, al prossimo colpo di remo si riaprisse la porta che lo avrebbe condotto alla bella creatura che lo aveva stregato.
Finì per non tornare neanche più a casa a dormire, si dimenticò di mangiare e di bere, e infine morì. Lo ritrovarono qualche giorno più tardi, che sembrava addormentato, con la barchetta impigliata in un ciuffo di giunchi più folto degli altri e sulle labbra un misterioso sorriso.
La sorella, che aveva compreso di essere stata in parte la ragione della scelta che aveva portato alla morte il fratello tanto amato, volle dare al bambino nato da poco il nome di "Giunchi", in ricordo della storia dolce-amara che era all'origine della fortuna della famiglia, che col tempo crebbe sempre più in importanza e ricchezza.
Le fate, però, non dimenticarono di punire la scelta priva d'amore del giovinetto che le aveva, in un tempo lontano, trovate nella grande palude e così tutti i primogeniti della famiglia vennero condannati a non saper riconoscere l'amore, quando lo incontrano, e a vivere senza conoscerne la felicità.
La grande palude è ormai quasi sparita, col passare dei millenni.
Però una quindicina di chilometri prima di confluire nel Po, il fiume Mincio forma la distesa lacustre che abbraccia da tre lati la città di Mantova, e lì si possono trovare, sulla distesa d'acqua placida, ancora ciuffi di giunchi e di canne che tremolano al vento, e, verso il finire d'agosto, i fiori di loto che aprono a migliaia le grandi corolle bianco-rosate. Qualche barchetta si avvicina cauta scivolando sull'acqua quieta, ma nessuno osa addentrarsi fra la grande distesa dei fiori sospesi sull'acqua più scura , anche se i rematori sorridono alle domande indiscrete dei turisti curiosi, se sia vero che là sotto hanno trovato l'ultimo rifugio i regni delle fate delle acque.

by Rossana

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Solare35
view post Posted on 30/10/2008, 14:56




(contina) ROSE ANTICHE 1

ROSE MUSCOSE


Derivano da una mutazione genetica spontanea delle rose centifolia ; i boccioli e talvolta anche gli steli sono coperti da una lanugine piu' o meno fitta ("muschio"), verde o bruna, che emana un particolarissimo aroma di resina.

Le piu' famose

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Old Pink Moss / Henri Martin

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William Lobb


 
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Solare35
view post Posted on 30/10/2008, 16:32




ROSE ANTICHE 2

Derivano dagli incroci effettuati tra le rose antiche europee e le rose importate dalla Cina alla fine del XVIII secolo ; le foglie sono per lo piu' lucide come quelle delle varieta' moderne, mentre i fiori mantengono la forma romantica delle rose di un tempo. Comprendono varie classi, sviluppate nel corso dell' Ottocento :

La maggior parte delle varieta' fiorisce una seconda volta nel corso dell'estate.

ROSE CINESI

Sono un gruppo di rose accomunate da un portamento elegante, con arbusti ricchi di sottili ramoscelli e fiori non sempre di eccezionale bellezza, ma prodotti con grande generosita' e continuita'.
Hanno donato la rifiorenza alle rose attuali.

Le piu' famose

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Rosa Mutabilis / Hermosa

ROSE PORTLAND

Costituiscono una classe esigua ma affascinante, che ha goduto di largo favore prima dell'avvento delle Bourbon.
Per aspetto sono molto vicine alle rose antiche europee (rose antiche 1) ma hanno una buona rifiorenza ; sono molto utili per i piccoli giardini.

Le piu' famose

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Comte de Chambord

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Rose de Rescht


 
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giuliana54
view post Posted on 30/10/2008, 17:15




:wub: ..GRAZIE..
 
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Solare35
view post Posted on 1/11/2008, 16:56




(continua)ROSE ANTICHE 2

ROSE BOURBON


Nessuno e' del tutto sicuro su come abbia avuto origine questo magnifico gruppo di rose. Di certo si sa soltanto che la loro capostipite nacque sull' isola di Bourbon (oggi Reunion) nel 1817 da un incrocio spontaneo tra una rosa cinese e la rosa damascena "Quatre Saisons".
Le Bourbon sono per la maggior parte rifiorenti ; alcune sono arbustive, altre invece sono eccellenti rampicanti.
Sono tutte intensamente profumate.

Le piu' famose

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Mme Isaac Pereire / Louise Odier / Souvenir de la Malmaison

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Variegata di Bologna

ROSE NOISETTE

Nei primi dell' 800 un rosaista parigino, Noisette, e un suo fratello che viveva negli Stati Uniti erano soliti scambiarsi semi e piante, malgrado la distanza che li separava.
Il fratello americano regalo' ad un ricco orticoltore, John Champneys, di Charleston, alcune piante di Old Blush China, una rosa cinese rifiorente. Questi le incrocio' con la Rosa Moschata, una specie molto rustica con grandi fiori profumati riuniti in corimbi, e ne ottenne una varieta' con caratteristiche intermedie, che chiamo' "Champney's Pink Cluster".
Il Noisette, avuta la pianta, ne raccolse i semi, da cui ricavo' alcune varieta' che si rivelarono molto rifiorenti ; una di queste, rispedita in Francia, divenne famosa in Europa come "Rosa Noisettiana", e da essa discendono le Noisette attuali.

le piu' famose

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Celine Forestier

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Crepuscule / Gloire de Dijon

 
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Alaperta
view post Posted on 1/11/2008, 17:32




Solare grazie cocchina! :wub:
 
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giuliana54
view post Posted on 1/11/2008, 19:49




SOLARE QUESTO ANGOLO E' SEMPRE SPLENDIDO..E QUANDO ENTRO QUI..MI SEMBRA DI SENTIRE I PROFUMI DEL TUO FANTASTICO GIARDINO..GRAZIE! :wub:
 
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Solare35
view post Posted on 2/11/2008, 16:12




CITAZIONE (Alaperta @ 1/11/2008, 17:32)
Solare grazie cocchina! :wub:

Ti ringrazio per il cocchina, non mi era mai capitato di essere chiamata con questo nomignolo simpaticissimi da una più giovane di me.

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Alaperta
view post Posted on 2/11/2008, 16:47




:wub:

CITAZIONE (Solare35 @ 2/11/2008, 16:12)
CITAZIONE (Alaperta @ 1/11/2008, 17:32)
Solare grazie cocchina! :wub:

Ti ringrazio per il cocchina, non mi era mai capitato di essere chiamata con questo nomignolo simpaticissimi da una più giovane di me.

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Solare35
view post Posted on 2/11/2008, 17:31




(continua)ROSE ANTICHE 2

IBRIDI DI MOSCHATA


La Rosa Moschata, che non bisogna confondere con la "Moss Rose" (rosa muschiata o muscosa), e' un soggetto assai interessante: e' robusta, con fiori semidoppi bianchi in graziosi mazzetti, e ha un singolare profumo "piccante".
Gia' protagonista di un felice connubio con una rosa cinese, da cui hanno avuto origine le graziosissime Noisette, e' antenata di un piccolo gruppo di rose create per la maggior parte nei primi decenni del XX secolo dal Reverendo Pemberton .
Gli Ibridi di Moschata (o "rose Pemberton") sono rose deliziose, mai vistose o imponenti, ma dotate di un fascino sottile e raffinato , belle sia in boccio sia quando i fiori, dal fresco profumo, si schiudono, e meritano un posto in qualunque giardino.

Le piu' famose

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Buff Beauty / Cornelia / Penelope

IBRIDI RIFIORENTI

Le prime rose Ibride Rifiorenti (o "Ibride Perpetue") sono nate verso il 1830 da un'unione complessa, in cui le Portland, le Bourbon e le Noisette svolsero tutte una loro parte. Per la loro buona rifiorenza e i loro attraenti fiori divennero uno dei piu' importanti gruppi di rose e soprattutto in epoca vittoriana, la moda delle esposizioni fece si' che gli ibridatori si sentissero stimolati a ottenere fiori sempre piu' grandi ed aggraziati.
Nonostante la preminente attenzione per il fiore, in quell'epoca vennero creati molti arbusti ornamentali assai validi, che sono ancora oggi con noi.

Le piu' famose

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Archiduchesse Elizabeth d'Autriche/Empereur de Maroc/Paul Neyron/Paul Neyron/Baron Girod de l'Ain

ROSE TEA

Questo nome, che nel corso degli anni ha assunto il significato di "rosa gialla", non aveva in origine alcuna attinenza con il colore, ma veniva usato dagli Inglesi per indicare due varieta' di rose scoperte in Cina, che giunsero in Inghilterra ai primi dell' Ottocento e i cui fiori avevano un profumo che ricordava quello delle foglie fresche della pianta di the.
Una delle due, "Hume's Blush Tea-scented China", che giunse nel 1809, era rosa chiaro, doppia e profumata ; l'altra, "Park's Yellow Tea-scented China", era giallo pallido e giunse nel 1824.
L'eleganza dei boccioli, la rifiorenza e le delicate tonalita' di colori costituivano un'attraente novita' per i rosaisti,che ne fecero uso massiccio nei loro programmi di ibridazione fino a creare centinaia di nuove varieta'.
Dopo qualche generazione, il profumo di the era pressoche' scomparso, ma la progenie aveva acquisito nuovi caratteri : basti pensare alle tonalita' di giallo, ocra, albicocca, salmone, fino ad allora sconosciute.

Le piu' famose

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Lady Hillingdon / Sombreuil / Francis Dubreuil

CONCLUSIONE

Fu dagli incroci effettuati tra le Rose Tea e gli Ibridi rifiorenti che nacquero le rose Ibride di Tea, ossia le rose che tutti conosciamo e acquistiamo dai fioristi.
Purtroppo le esigenze del mercato del fiore reciso fecero si' che col tempo venissero preferite caratteristiche come boccioli eleganti e turbinati, steli lunghissimi e rigidi, accentuata rifiorenza, ad altre qualita' che erano sempre state preponderanti nelle Rose Antiche : il profumo, la bellezza del fiore completamente schiuso (il bocciolo non e' che uno stadio dello sviluppo del fiore; gli ibridi di tea una volta aperti rivelano spesso una forma sgraziata, riducendosi per lo piu' ad un ammasso di petali "spigolosi"), il portamento della pianta (non sono certo piante armoniose da collocare in una siepe o in un' aiuola !).
E' un vero peccato che la moda abbia fatto si' che nessuno o quasi sappia ormai che cosa siano le rose antiche (tanti pensano perfino che le rose siano sempre state cosi' come si vedono dai fioristi) e che molte persone si facciano condizionare al punto di non riuscire a considerare "rose vere" quelle che non siano gli Ibridi di Tea.
E' vero che tra queste ci sono anche varieta' splendide e molto profumate : ma molte sono solo "macchine da fiori", prive di quel fascino e di quel mistero che ha sempre accompagnato "la regina dei fiori".

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Chiedo scusa agli ADMIN perchè oggi ho un pò esagerato con le immagini ma desideravo concludere l'argomento sulle ROSE ANTICHE. Vi prometto che forse non lo farò più.
La volta prossima vi parlerò delle ROSE INGLESI.
 
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Solare35
view post Posted on 4/11/2008, 11:18




Le Rose Inglesi

Sono il frutto del lavoro di un geniale ibridatore britannico, David Austin , che penso' di incrociare le varieta' moderne con quelle antiche per ottenere rose che riunissero in se' le migliori qualita' di entrambi i gruppi : corolle di forma antica, profumatissime, e la rifiorenza dalla primavera all' autunno. Dal 1961 ad oggi sono state introdotte oltre un centinaio di varieta', tutte stupende.

Ecco una piccola selezione :

imageA Shropshire Lad imageGolden Celebration

imageFalstaff image Eglantyne

imageGertrude Jekyll image William Shakespeare

Il fiore della vita

Mi trovo in un parco, seduta su una panchina, persa nei miei pensieri,
mi guardo intorno in modo distratto, il mio sguardo si posa su un vecchio,
osservo i suoi movimenti, guardo il suo viso, i nostri occhi si incontrano.

Quell'incontro scaturisce in un me sorriso, lui mi si avvicina,
mi da il fiore che aveva raccolto, sorrido di nuovo,
lui mi guarda... noto nei suoi occhi una lacrima, osservo quel volto,
la sua voce silente, la dolcezza del suo sguardo...

Si allontana e mi dice :"Vivi e ama..."

Quelle parole, riecheggiano nelle mie orecchie,
guardo il fiore che mi aveva donato, una rosa rossa,
una rosa che aveva perso il suo splendore ma non la sua fierezza,
una rosa che aveva visto albe , tramonti e gelide notti,
ma aveva sempre lottato... rabbrividisco per la vitalità che esprime quella rosa.

Sono passati giorni da quell'incontro, ho ancora quella rosa , la guardo,
e ripenso a quel vecchio, ripenso ai suoi occhi a quella dolcezza, quel silenzio
che era carico di mille parole, solo ora capisco che in quel fiore donato,
lui mi aveva raccontato la sua vita!

La vita è una bellissima rosa, che non perderà mai lucentezza e
splendore nei nostri ricordi!

Ora quel vecchio nei miei ricordi è di nuovo giovane e i suoi occhi
Raccontano del fiore della vita!!!!

---------- SOLAJA ----------


 
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giuliana54
view post Posted on 5/11/2008, 15:58




SOLARE..BRAVISSIMA..COMPLIMENTI! :wub: :wub:
 
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1031 replies since 17/6/2008, 13:26   145341 views
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